La scossa principale e la sequenza sismica
A cura di Alessandro Amato e Giulio Selvaggi (INGV)
È importante ricordare il terremoto del 1980 in Irpinia (Campania-Basilicata). È stato un evento “maggiore” per il nostro Paese, per il suo tremendo impatto sulla popolazione, per la crescita della conoscenza nella comunità scientifica e di quella ingegneristica e per molto altro ancora. Tra i tanti terremoti che hanno colpito l’area mediterranea in quegli anni (Montenegro nel 1979, El Asnam nel 1980, Corinto nel 1981), il terremoto del 1980 è stato il più complesso (Crosson et al., 1986), ma anche quello che è stato studiato più in dettaglio e con un approccio multidisciplinare. Per la prima volta in Italia si avevano a disposizione dati sismologici, geologici, geodetici, accelerometrici (quest’ultimi fino a quel periodo erano riservati alla comunità ingegneristica impegnata nello sviluppo del nucleare). Tutti questi dati avevano dato impulso a nuove tecniche di analisi come la modellazione delle forme d’onda per la determinazione del momento tensore (Giardini et al., 1984), la modellazione cinematica e l’inversione della polarizzazione delle onde S (Bernard e Zollo, 1989), la modellazione dinamica della sorgente sismica da dati accelerometrici (Cocco e Pacor, 1993). Per la prima volta venivano riconosciute senza ambiguità rotture in superficie di origine tettonica e in diretta relazione con la sorgente sismica (Westaway e Jackson, 1984; Pantosti e Valensise, 1990). Riconciliare tutte le osservazioni in un modello di consenso per la comunità scientifica ha richiesto più di dieci anni di studi, dalle primissime pubblicazioni (Del Pezzo et al., del 1983) fino a quella di Giardini et al. del 1996 che forse chiude definitivamente lo spazio a nuovi modelli interpretativi dell’evento del 1980.
In questa breve nota, vogliamo ripercorrere solo una parte della storia, quella legata alla localizzazione della scossa principale (mainshock) e di quelle successive (aftershocks) registrate anche grazie ad una rete temporanea installata in Irpinia, una delle prime in Italia a seguito di forti terremoti, che consentì di registrare migliaia di repliche.
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